Momenti straordinari con applausi finti - Recensione
«Quindi è così? Succede così? Si diventa così quando si cresce?»
Entro in libreria. Ancora non so che il fumetto di Gipi che sto per comprare non è altro che vita su
carta.
Questo è Momenti straordinari con applausi finti; quattro storie, quella di un figlio che si ritrova al
capezzale della «vecchia madre morente», di un gruppo di cosmonauti in viaggio da un pianeta
all’altro, di un uomo delle caverne e di un grido, ed infine di un reduce del Vietnam reclutato sul set
cinematografico di Salvate il soldato Ryan.
I piani narrativi e temporali si intrecciano e si sovrappongono alla perfezione, permettendo al lettore di
vivere la pagina in tempo reale.
Tutte queste storie ruotano intorno a quella di Silvano Landi, un comico che non diventerà mai padre,
costretto a fare i conti con la morte della madre, ma prima di tutto con sé stesso e la presenza di un
«bambino luminoso». Tuttavia, il protagonista non è l’unico a doverci fare i conti: in una sequenza di
vignette il «bambino luminoso», ovvero Silvano da piccolo, si rivolge al Silvano adulto – e al lettore –
attraverso il linguaggio dei segni: «c o g l i o n e».
Immergersi nelle vignette di Gipi significa capire che per poter «andare avanti nel percorso» è
necessario ancora prima fare i conti con la propria persona e con il proprio passato; con il luogo da cui
proveniamo, con le persone che hanno fatto parte della nostra vita. E quando non si è in grado di farlo
«si pensa ad altre cose per distrarsi», come il Silvano adulto, ma prima o poi la voce di un «bambino
luminoso» arriva. E allora ci si rende conto di far parte anche noi dell’«Ucas: Ufficio Complicazioni
Affari Semplici».
Gipi delinea un percorso umano che pone al centro la riflessione sulle emozioni provate da ciascuno di
noi, ma soprattutto su quelle che non riusciamo a provare e sul senso di colpa che ne deriva.
All’improvviso, però, «Il nero» in cui si imbattono i cosmonauti sopraggiunge, e resetta. E nonostante
il dolore provato o mancato, la vita ricomincia. Ogni volta, tutto da capo.
Con un linguaggio allo stesso tempo comico e spietato, con un tratto insieme rigido e delicato, Gipi dà
vita ad un quadro profondamente umano, che si conclude nel modo più essenziale: «sono
sopravvissuto!».
Cristina Lunghi